Un augurio di fortuna e prosperità

La fine dell’anno è arrivata, finalmente si potrebbe dire, tra mille difficoltà, indecisioni e dubbi, ma ora ci siamo, e mai come questa volta, l’augurio di un anno migliore, sotto tutti i punti i vista, sarà al centro di ogni brindisi e festeggiamento, seppur inevitabilmente in tono minore. Si dice che chi mangia lenticchie l’ultimo dell’anno, avrà fortuna e tanti soldi tutto l’anno. Fosse vero. Le lenticchie, accompagnate dall’immancabile cotechino sono uno di quei piatti che per tradizione non possono mai mancare sulla vostra tavola per il cenone di fine anno.

Lens culinaris Medik,  è una pianta dicotiledone della famiglia delle Fabaceae, detta lenticchia, il nome deriva dal latino “lens”, lente, legato alla forma del legume che ricorda quella di una moneta. Coltivata sin dall’antichità è una pianta annuale, i cui frutti sono dei legumi che contengono due semi rotondi appiattiti appunto, commestibili, ricchi di proteine e ferro. Commercialmente le cultivar si possono dividere in base al colore – verde (Richlea, Laird), giallo, rosso, marrone (Masoor dalla buccia marrone e l’interno aranciato) – e alla taglia (piccole, medie, grandi). Oltre che in Europa, principalmente nei paesi meridionali e orientali come Italia, Grecia e Cipro, la lenticchia si produce in Asia Minore e Centrale, nel Vicino Oriente, Canada e Australia. In Italia sono coltivate praticamente in tutte le regioni con un’antica tradizione in Sicilia, Abruzzo e Umbria. Si adatta bene anche a zone semiaride, terreni poco fertili, zone montane, e ha una buona resistenza agli attacchi dei parassiti, Inoltre è molto preziosa nella rotazione delle colture.

La sua coltivazione inizia nelle terre dell’antico Egitto diventando subito un alimento nutriente, di piccole dimensioni e di grande spessore nell’arte del cibare. Dall’Egitto già nel 525 a.C. e precisamente dall’antichissima Pelusio sul Nilo che un mito vuole patria del grande Achille, si racconta che le navi egizie rifornivano regolarmente i porti di Grecia ed Italia di lenticchie. E da qui la lenticchia oltre che alimento diventa anche elemento d’ interpretazioni e narrazioni. Nella genesi viene riportato un episodio che diede origine al detto popolare “vendersi per un pugno di lenticchie”. Esaù, una volta, rientrato affamato dalla campagna, vide Giacobbe che aveva cotto un piatto di lenticchie. Quando gli chiese da mangiare poiché era sfinito, Giacobbe chiese in cambio la primogenitura, e Esaù accettò, abdicando quindi in favore del fratello. Nella tradizione ebraica ancora oggi, si usa consumare lenticchie in caso di lutto, in ricordo di Esaù, per aver svenduto quanto aveva di più prezioso.

Basterebbe poi conoscere la storia della colonna egizia del colonnato di Piazza S. Pietro per capire meglio di quale sublime devozione fosse tenuta la lenticchia. Portato a Roma nel I secolo per volere di Caligola, l’obelisco attraversò il Mediterraneo su una nave, immerso e “protetto” da un carico di lenticchie.

In Italia vi è una grande cultura gastronomica legata alle lenticchie. Tra le più rinomate, tutte diverse tra loro: (fonte gambero rosso)

Lenticchia di Castelluccio di Norcia

Coltivata lungo tutto l’altopiano di Castelluccio all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, la lenticchia di Castelluccio di Norcia è caratterizzata soprattutto dalla grande varietà dei suoi colori e dalla forma rotonda ed appiattita. Dalla buccia estremamente sottile, ha un tempo di bollitura di venti minuti e un’alta digeribilità. È perfetta consumata con le carni grassi e, naturalmente, con i salumi dell’Umbria. La fioritura della lenticchia dà vita, nella piana di Castelluccio, a uno spettacolo magnifico, che nulla ha da invidiare a quello della fioritura della lavanda in Provenza.

Lenticchia di Altamura

Tra le piante di lino e cotone nello scenario delle Murge, è ormai celebre la coltivazione della lenticchia di Altamura. Questa varietà si caratterizza per le sue grandi dimensioni e il colore verdastro. Hanno bisogno di essere messe a bagno la sera prima e vengono tradizionalmente servite come minestra con aglio, cipolla, sedano ed olio extravergine d’oliva.

Lenticchia di  Soleto                                                                               

Nel cuore della Grecìa Salentina dove i discendenti della Magna Grecia parlano ancora oggi un dialetto dorico (il griko), viene coltivata un’antichissima varietà di legumi molto simile ad una lenticchia chiamata vicia (al quale appartengono anche le fave). Anche se il colore nero e la consistenza rugosa possono far immaginare il contrario, si tratta di una varietà estremamente digeribile che prevede una cottura di circa 45 minuti. È impiegata di solito per preparare minestre con olio extravergine d’oliva ed erbe locali.

… e le varietà tipiche siciliane

Lenticchia  di Ustica

Si tratta di una delle lenticchie più piccole d’Italia. Coltivata su terreno lavico e di colore marrone scuro, la lenticchia di Ustica è usate soprattutto per zuppe con ortaggi della zona e finocchietto selvatico, oltre che con la pasta. Dal sapore delicato, non necessita di ammollo e ha un tempo di cottura di circa 40 minuti.

Lenticchia di Villalba

Il comune di Villalba, in Sicilia, è stato tra i principali produttori di lenticchie in Italia fino alla prima metà del Novecento. La varietà autoctona è a seme grande e le sue qualità nutrizionali sono straordinarie. Questa lenticchia infatti può contenere anche più di 10 mg di ferro per 100 grammi di prodotto e possiede un ottimo tasso di proteine. Necessita di ammollo dalla sera prima ed è utilizzata soprattutto per le minestre.

Mangiare cotechino e lenticchie a capodanno porta fortuna.

Sulla tavola di San Silvestro l’abbinamento perfetto è con il cotechino, lo zampone o in loro assenza con le salsicce, questo non solo perché la grassezza dell’insaccato è ben bilanciato dalla dolcezza e dalla lieve mineralità del legume, ma anche perché i duo prodotti insieme sono considerati come il massimo dell’evocazione della buona sorte: il tipico insaccato, nutriente, grasso, speziato, sapido, caldo, sontuoso è da sempre un amuleto gastronomico contro lo spettro della fame, come tutti gli alimenti a base di maiale. Il cotechino inoltre ha il plus di essere un prodotto tanto goloso quanto storico.

C’è abbastanza univocità relativamente alla nascita della tradizione che vede le lenticchie come segno di fortuna e benessere per l’anno nuovo: nell’Antica Roma era usanza di regalare all’inizio dell’anno la “scarsella”, una borsina di cuoio che poteva essere legata in vita e che conteneva proprio le lenticchie, di cui era bene fare scorta: durante l’inverno infatti erano un prezioso serbatoio di vitamine e proteine. Da qui resta viva la consuetudine di gustare un piatto di cotechino e lenticchie a mezzanotte, appena cominciato l’anno nuovo, come buon auspicio. Sperando che quest’anno sia migliore per tutti.

P.S.